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Pubblicato: gennaio 19, 2014 in Partito Democratico
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all-in-rapSapere che Silvio Berlusconi ieri è entrato nella sede nazionale del Pd fa un certo effetto, ma provai un sentimento ben peggiore quando questa primavera i dirigenti del Pd che avevano non vinto le elezioni, decisero senza consultare nessuno e senza nemmeno passare dalla direzione del partito di fare un governo con Berlusconi e poi continuarci insieme ancora qualche mese dopo la sua condanna definitiva a fine luglio. Ha ragione Michele Serra quando scrive che:”Ci sono almeno due cose, sul colloquio Renzi-Berlusconi, che vanno dette al netto di ogni bilancio politico e di ogni elucubrazione politologica. La prima è che la cosa davvero anomala, davvero strampalata, non è discutere le regole con il “nemico”; è governare insieme a lui. Poiché il Pd quel passo stravolgente (governare insieme a Berlusconi) l’ha già compiuto, per giunta sotto l’alto patrocinio del Capo dello Stato, perché mai il suo nuovo segretario dovrebbe astenersi da un ben più giustificabile incontro per discutere di regole comuni?
La seconda è che questo incontro non arriva a interrompere un brillante e proficuo percorso di riforma. Arriva dopo anni di penoso traccheggio e di ignavia politica; arriva dopo un Lungo Niente che solo il colpo di mano (benedetto) della Consulta ha ribaltato: senza di quello, avremmo ancora il Porcellum, e l’umiliazione sistematica della politica per mano della politica stessa. Il “qualcosa” di Renzi è sempre meglio del nulla che lo ha preceduto. Di più: è proprio il nulla che lo ha preceduto a offrire a Renzi una innegabile pezza d’appoggio”.
Ora, Renzi gode di una spinta incredibile proprio perché arriva dopo il fallimento della politica di questi ultimi decenni, sappiamo tutti che sta camminando su un filo di lana e sono certo che lo sa pure lui quanto sia pericoloso il suo percorso, ma se si vuole uscire da questo pantano politico istituzionale serve coraggio e Renzi ha dimostrato di averne in abbondanza.
Fa, infine, sorridere, leggere tutte le riserve, i timori, le preoccupazioni degli esponenti di minoranza del Pd  quelli, per intenderci, che hanno finora beneficiato delle liste bloccate, della fedeltà al capo, dell’immobilismo della politica della sinistra e degli inciucci fatti dietro le quinte con chi dicevano di combattere. Faccio un esempio, il sottosegretario Martina oggi rilascia un’intervista in cui sottolinea come siano fondamentali le preferenze per la nuova legge elettorale dimenticandosi, lui come altri, che nel 1991 gli italiani scelsero di abrogare le preferenze, simbolo di una politica clientelare e tangentara. Furono quasi 25 milioni gli italiani che si dichiararono contro il sistema delle preferenze. E’ vero, sono passati oltre 20 anni, ma questo non può farci dimenticare la volontà del popolo italiano e pur capendo che in questi anni si è sempre fatto il contrario della volontà del popolo sovrano, mi rammarica sapere che certi dirigenti si dimenticano dell’art. 1 comma 2 della nostra costituzione:”La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
Non esiste un sistema elettorale perfetto, ma sarebbe un grande passo avanti se in questa fase tutti mettessero via i propri interessi di parte, per mettere al centro quelli del paese.
L’ho scritto ieri e ne sono ancor più convinto oggi, la politica in queste ore si sta giocando tutto, come in una partita a poker. Se ce la farà, forse potrà iniziare una nuova fase di ricostruzione e di trasformazione, se fallirà tutto il sistema rischia di cadere e la strada che avremo davanti rischia di essere buia e pericolosa.

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