Archivio per la categoria ‘Partito Democratico’

fumettoOdio il culto della personalità perché significa staccare il cervello e metterlo in naftalina, perché vuol dire rimettere tutte le speranze nelle mani di un uomo.
In questi mesi, ho visto scene che nemmeno le ragazzine al concerto di Justin Bieber farebbero e al centro di questo delirio c’era Matteo Renzi. Eppure sono tra coloro che lo hanno sostenuto fin da subito, anche se con qualche dubbio dettato dal fatto che il mio percorso era più affine a quello che stava compiendo Civati e il suo gruppo. Poi però non ho avuto più esitazioni soprattutto quando dopo aver condotto battaglie forti contro il vecchio gruppo dirigente, improvvisamente, alcuni nuovi scienziati della politica decisero di votare e sostenere il povero Pierluigi Bersani.
Di quel periodo mi ricordo le continue frecciate a Renzi e ai renziani che per alcuni sono ancora peggio di Renzi, nelle speranza di suo fallimento totale. Ricordo anche quando qualcuno affermò, tanto per capirci, che il risultato alle primarie del 2012, quelle contro Bersani quando Renzi sfiorò il 40%, era poi poca cosa, salvo gridare al miracolo in occasione delle primarie del congresso quando Civati arrivò al 14% (risultato che considero buono, ma sotto alle aspettative di molti, me compreso).
Oggi, sono ancora tutti lì a sperare in qualche suo scivolone (e ce ne sono già stati e altri ce ne saranno), nel descriverlo come un incompetente, un venditore di fumo, un destro prestato alla sinistra per salvare Berlusconi. Se poi, fa qualcosa di buono subito a dire che loro lo avevano detto prima degli altri. Un atteggiamento infantile che mi inizia a stare proprio sulle palle.
Ho sempre fatto fatica ad accettare il teorema che noi fossimo meglio degli altri, ma pensare che anche al nostro interno ci sono persone che si credono ontologicamente più puri, più democratici, mi fa imbestialire.
Ho letto un post oggi di Alessandro Gilioli che mi fa rabbrividire! Non mi è piaciuto il modo in cui Renzi è andato al governo, l’ho scritto e non l’ho cancellato. Credo nelle primarie, fatico ad accettare che si possa fare un accordo con Berlusconi, ma mi domando come sia possibile farne uno con Grillo e di una cosa inizio ad esserne certo che chi ha ottenuto un mandato in un congresso deve avere il diritto di portarlo avanti.
A Bersani noi contestavamo soprattutto la sua incapacità di essere chiaro. Di quel Pd denunciavamo la sua incapacità di decidere, di assumere una linea chiara, di dettare l’agenda politica, di avere una leadershiop forte, di continuare a lavorare su alleanze aleatorie perdendo di vista i cittadini: Casini si, Casini no, Di Pietro sì, no forse, Vendola sì, no forse, magari, bho!  Eravamo stufi di vedere ridurre il dibatttito in un compromesso al ribasso per accontentare tutte le anime, ex Ds, ex Margherita, ex popolari, rutelliani, dalemiani, fassiniani, lettiani, franceschiniania, veltroniani, mariniani, giovani turchi, fioroniani o come cavolo si definivono.
Ce lo ricordiamo oppure facciamo finta che allora andava tutto bene?
La mia coscienza, caro Alessandro Gilioli, è quella di prima, la stessa. Chiedevo che ci fosse un ricambio del gruppo dirigente, volevo che questa volta ci fossero altre persone a provare a fare le cose, ho fatto delle battaglie affinché la mia generazione potesse avere il diritto anche di sbagliare. Ecco le mie ragioni di questi anni di politica, ragioni che non ho trovato quando qualcuno mi disse che era meglio votare Bersani, anziché Renzi!
Non so se Matteo Renzi riuscirà a fare quello che ha detto, ho molti dubbi e nessuna vera certezza e anche la mia idea di rottamazione era diversa, più radicale, direi giacobina. Pensandoci, tuttavia,ricordo che i giacobini non furono poi così tanto utili alla causa della Rivoluzione. Forse tra qualche anno farò parte della cerchia dei grandi delusi, ma almeno se mi guarderò indietro potrò dire di averci provato e se, alla fine, ancora una volta non sarà cambiato nulla a perdere non sarò stato io, non sarà stata la mia coscienza, non sarà nemmeno stato Matteo Renzi, ma il paese. E non sarò migliore di altri se avremo avuto ragione,  così come non lo sono e non lo saranno se saremo noi a perdere questa scommessa.  Semplicemente, stiamo esercitando la nostra libertà di pensiero, di critica, di fare politica.
Qualcuno forse crede veramente che il fallimento della politica di Berlusconi, cosa di cui ho sempre sperato, è stato il fallimento solo di un uomo e non di un paese?

ostacoliMatteo Renzi sta cambiando la politica italiana e dal 25 maggio sta tentando di cambiare anche quella europea e, stante le notizie delle ultime ore provenienti dalla Germania, sembra che ci stia riuscendo.
E’ difficile dire se alla fine riuscirà in questa impresa, ma sicuramente da quando ha vinto le primarie lo scorso 8 dicembre diventando prima segretario nazionale del Pd, poi Presidente del Consiglio, la politica italiana ha preso un’altra piega.
Quello che mi domando è se questo è sufficiente per cambiare verso al paese.  Cerco di spiegarmi meglio, è sufficiente la verve e la forza di Renzi per cambiare il modo di intendere la politica e gli obiettivi che questa si propone su vasta scala? Da Roma alla periferia?
Se, come scritto, l’azione del Governo Renzi sta spingendosi fino alle stanze fredde di Bruxelles, non so se quest’azione si sta sviluppando con altrettanto vigore verso il basso, nelle province, nei comuni.
Sembra che ora tutti siano diventati più o meno renziani o, come sostiene qualcuno in modo simpatico, diversamente renziani. Ma cosa significa essere renziani?
Innanzitutto, questa definizione, se mi piaceva qualche mese fa, oggi la trovo superficiale e superflua. I democratici che si sono spesi per sostenere Matteo Renzi  alle primarie del 2012, avevano tre obiettivi principali: quello della rottamazione, ossia del ricambio che doveva essere non solo, ma soprattutto generazionale, il  cambio radicale del modo di fare politica, da cerimonioso e chiuso a pratico e aperto alla società, la trasformazione del Pd da un partito concentrato soprattutto sul mantenimento dello status quo, quindi fondamentalmente conservatore, ad uno in grado di raccogliere la sfida del futuro, delle nuove generazione, trasversale e veramente riformista.
A livello nazionale, tutto questo è avvenuto o sta avvenendo. Anche a quel livello i trasformismi sono molti, ma la presenza di Renzi garantisce lo sviluppo del processo.
Si può dire la stessa cosa dei livelli locali? Qui la situazione è più complicata perché le vecchie oligarchie si sono affrettate ad appoggiare l’azione di Renzi, anche perché ne hanno tratto e ne stanno traendo beneficio, ma fondamentalmente vivono la politica e l’amministrazione nello stesso modo di sempre.
Si guarda sempre agli stessi mondi, anche perché la società fuori dal Pd non capisce come possa essere credibile quel sig. Rossi, sindaco del comune Pinco Pallino, che fino a ieri era l’avversario numero uno di Renzi e dei renziani, difensore incallito del settore pubblico in generale, di ogni comune, provincia o ente frutto della partecipazione democratica degli anni d’oro della politica partecipata, diffidente verso le imprese e i padroni in generale, sindacalista oltranzista e rivoluzionario, ma fondamentalmente inciucista e pronto a dividere le sedie dei consigli di amministrazione di tutte le partecipate possibili. E anche se, magari, nel suo comune è riuscito ad essere rieletto perché fondamentalmente è stato ed è una persona che difende la propria piccola comunità, alla faccia di quell’elettore che vede in Renzi e nel Pd di Renzi una speranza,  il sig. Rossi resta un corpo estraneo di cui diffidare. E a ragione, dico io.
E’ ovvio che se questi rimangono casi isolati, tutto rientra in un processo di normale trasformazione dove la posizione del Sig. Rossi diventa anche, paradossalmente, utile per tenere tutto insieme. Ma se al sig. Rossi, si affianca anche il sig. Bianchi, la sig. Viola e tutti coloro che fino a ieri erano sodali nella lotta contro il rinnovamento e alla politica veramente riformatrice, il rischio è che dal basso si creino tanti piccoli ostacoli che potrebbero rallentare il processo di cambiamento, ostacolarlo, insomma boicottarlo per confermare uno dei teoremi più veri della storia italiana quello che afferma che tutto cambia per non cambiar niente.
E’ così anche nel Vco? Secondo me, sono altre le realtà che rischiano di più, soprattutto quelle realtà dove il Pd ha gestito di più il potere nel corso degli anni, o dove i processi di cambiamento anche all’interno del partito democratico sono stati più lenti. Nella nostra provincia il gruppo dirigente si è confrontato in modo anche duro nel corso di questi anni, è riuscito a cambiare, a rinnovarsi, ma anche a mantenersi unito nelle sfide decisive. Insomma, quello che è avvenuto nel Pd del Vco non è stato una lotta per il potere, ma un dibattito politico franco dove i meriti sono stati sempre premiati, dove le competenze valorizzate tanto che gli elettori ci hanno dato ragione a partire dalle elezioni politiche del 2013. Qui, più che altrove, si ha la certezza che il cambiamento sia necessario, che le riforme siano un punto fondamentale non per continuare ad avere il consenso degli elettori, ma per far crescere un territorio che negli anni è rimasto indietro. Troppo indietro.
Quindi non esistono sig. Rossi? Sì, esistono e non vanno sottovalutati ed è per questo che come mi ha detto un compagno che stimo molto, è ora di chiarire chi ha vinto e chi ha perso. Chi ha perso, ha perso e non può pensare che nulla sia successo anche se è tornato a fare il sindaco del comune Pinco Pallino! Chi non ne ha imbroccata una in questi anni, agirà sempre con il freno a mano tirato perché fondamentalmente non ci ha mai creduto e mai ci crederà

antonellatrapaniSono passati quattro anni da quando, nell’estate del 2010, un piccolo gruppo di iscritti del Partito Democratico decisero che era venuto il momento di mettersi in gioco e di passare dalle critiche alle proposte, lanciandosi alla “conquista” del partito provinciale.
Sembrava una sfida quasi impossibile, più finalizzata a rivendicare uno spazio e la centralità di alcuni temi , piuttosto che a vincere il congresso che si sarebbe tenuto a distanza di qualche mese.
I temi erano quelli del rinnovamento, di una diversa gestione del partito, dell’innovazione, della trasparenza, della necessità di mettere al centro le riforme degli enti locali, la semplificazione, l’energia ecc.
Per intenderci di quale periodo stiamo parlando, basti pensare che la prima Leopolda non era ancora in programma.
Alla fine di un lungo percorso, di un acceso dibattito, la nostra proposta uscì di poco vincente e Antonella Trapani divenne segretaria del Partito Democratico del Vco fra l’incredulità di molti sia all’interno che all’esterno. A novembre alcuni di noi parteciparono alla Leopolda dove Antonella intervenne e con un po’ di emozione chiese a tutti di avere coraggio, di crederci perché le partite, prima di essere vinte o perse, andavano giocate. Uscimmo da quella due giorni con un entusiasmo, una voglia di fare che ci ha aiutati a superare i tanti momenti di difficoltà. I primi tempi sono stati difficili, molti difficili perché eravamo ritenuti non all’altezza e non rappresentativi di quella che era la linea del partito a livello regionale e nazionale. Sempre contro corrente, sopratutto quando nell’autunno del 2012, Antonella fu una degli unici due segretari provinciali a sostenere Matteo Renzi nella sfida a Bersani, mentre il sottoscritto fu uno dei pochi che firmò, come membro dell’assemblea nazionale, la sua candidatura. Tutti, poi sappiamo come sono andate le cose, gli eventi che sono seguiti, ma quello che mi preme sottolineare è che, nonostante tutto, il Pd della nostra provincia con la guida di Antonella è riuscito in questi anni ad andare oltre le divisioni e guidare il partito verso traguardi che sembravano insperati. Certo, non sono la persona più adatta per fare questa analisi, ma i fatti sono una prova inconfutabile.
Nel 2010, la nostra provincia era il fortino del centro destra e della Lega: tutti i comuni maggiori erano saldamente nelle mani di Lega e Pdl, tutti tranne Villadossola; il centro destra esprimeva tre Parlamentari e tre consiglieri regionali di maggioranza.
A noi rimaneva il solo Aldo Reschigna a rappresentare le istanze del Pd del nostro territorio in Regione.
Con calma e con l’aiuto di tutti, con il passare dei mesi, elezione dopo elezione il Pd del Vco ha riconquistato Domodossola, Omegna, dopo lustri ha ottenuto una propria rappresentanza parlamentare con Enrico Borghi,  fino all’exploit di questi giorni grazie al quale anche Verbania, Gravellona e molti altri piccoli comuni sono tornati a guida PD, fino alla nomina di Aldo Reschinga nella giunta regionale.
E’ ovvio, il merito non è solo di Antonella e di chi le è stato sempre vicino in questi anni, ma è di tutti gli iscritti, i militanti, i segretari di circolo e di tutti i candidati che hanno degnamente rappresentato di volta in volta i desirata e le aspettative dei cittadini. Tuttavia, lei ha avuto un ruolo fondamentale per evitare i contrasti, le divisioni, mettendo sempre davanti il partito, il progetto, le proposte e puntando sulle persone che più di altre avrebbero potuto ottenere certi risultati. Un gran lavoro di squadra anche se, come accade anche nelle migliori squadre, qualche mal di pancia è sempre all’ordine del giorno.
Non tutti sono pronti a sposare questa tesi e a riconoscerle questi meriti, per molti Antonella e tanti di noi che l’hanno fin da subito sostenuta, rimane un corpo estraneo perché non è stata il frutto di una scelta fatta a tavolino, di un’investitura dall’alto,l’emanazione del vecchio gruppo dirigente, ma il risultato di una sfida a viso aperto, di una voglia di cambiamento reale. Questo nuovo gruppo dirigente ha avuto la sua consacrazione con la candidatura europea di Antonella, una candidatura di servizio, ma che ha testimoniato come i rapporti intessuti in questi anni anche al di fuori di questa provincia, le abbiano dato credibilità e autorevolezza tanto da farle raccogliere 18.700 preferenze, investendo meno di mille euro nella sua campagna elettorale fuori provincia.
Ora ci aspetta la sfida più difficile perché mai come in quest’occasione, il Pd del Vco ha avuto tanta responsabilità e tanto credito dai cittadini. Non possiamo fallire, non possiamo disattendere a quella richiesta di speranza che ci è inaspettatamente arrivata dagli elettori. C’è ancora qualcuno che pensa di fare come si è sempre fatto, di attendere, aspettare, buttare la palla in tribuna, sperando che la situazione diventi più favorevole per ritornare indietro. Non è il momento di aspettare, non possiamo vivere di rendita. La sfida è di quelle che fanno tremare i polsi e tutti insieme dobbiamo vincerla, perché se la perderemo, avremo perso tutti e soprattutto avrà perso il nostro territorio.

Non in questo modo

Pubblicato: febbraio 11, 2014 in Partito Democratico
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letta_renziHo votato Matteo Renzi quando tutti gli davano contro, quando tutti lo ritenevano un corpo estraneo.  L’ho votato perché ero convinto che con lui il Pd avrebbe vinto le elezioni, perché Renzi era un leader capace di parlare agli italiani. A tutti gli italiani e non solo a quelli che piacciano a noi.
L’ho votato come segretario del mio partito anche se, nel frattempo, molti  si erano trasformati in renziani, anche quelli che dovevano essere rottamati decenni fà. L’ho votato perché ero e sono convinto che il PD dovesse essere rivoltato come un calzino, l’ho votato anche se lo avrei preferito come Presidente del Consiglio, ma non in questo modo.
Per essere chiari, il governo Letta in questi ultimi tempi si è fermato, ha perso verve e soprattutto nei fatti sembra aver dato prova di non essere in grado di dare quelle risposte necessarie all’economia reale del paese, ai problemi quotidiani dei cittadini. Ma poteva fare di più? Forse, o forse potrebbe farlo ora se Enrico Letta prendesse quel coraggio che gli è un po’ mancato. Ma Renzi riuscirebbe a fare quello che Letta non ha fatto? Ho seri dubbi perché lo schema del governo non cambia, perché Renzi avrebbe la stessa maggioranza di oggi, magari numericamente un po’ più forte, ma politicamente più eterogenea e un gruppo parlamentare del Pd che rimane molto più fedele a Bersani che non a Renzi.
Si dice che questa operazione non serva a Renzi, ma al paese. Siamo sicuri? Al Paese serve chiarezza da parte della classe politica e  cambiare verso.

All in

Pubblicato: gennaio 19, 2014 in Partito Democratico
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all-in-rapSapere che Silvio Berlusconi ieri è entrato nella sede nazionale del Pd fa un certo effetto, ma provai un sentimento ben peggiore quando questa primavera i dirigenti del Pd che avevano non vinto le elezioni, decisero senza consultare nessuno e senza nemmeno passare dalla direzione del partito di fare un governo con Berlusconi e poi continuarci insieme ancora qualche mese dopo la sua condanna definitiva a fine luglio. Ha ragione Michele Serra quando scrive che:”Ci sono almeno due cose, sul colloquio Renzi-Berlusconi, che vanno dette al netto di ogni bilancio politico e di ogni elucubrazione politologica. La prima è che la cosa davvero anomala, davvero strampalata, non è discutere le regole con il “nemico”; è governare insieme a lui. Poiché il Pd quel passo stravolgente (governare insieme a Berlusconi) l’ha già compiuto, per giunta sotto l’alto patrocinio del Capo dello Stato, perché mai il suo nuovo segretario dovrebbe astenersi da un ben più giustificabile incontro per discutere di regole comuni?
La seconda è che questo incontro non arriva a interrompere un brillante e proficuo percorso di riforma. Arriva dopo anni di penoso traccheggio e di ignavia politica; arriva dopo un Lungo Niente che solo il colpo di mano (benedetto) della Consulta ha ribaltato: senza di quello, avremmo ancora il Porcellum, e l’umiliazione sistematica della politica per mano della politica stessa. Il “qualcosa” di Renzi è sempre meglio del nulla che lo ha preceduto. Di più: è proprio il nulla che lo ha preceduto a offrire a Renzi una innegabile pezza d’appoggio”.
Ora, Renzi gode di una spinta incredibile proprio perché arriva dopo il fallimento della politica di questi ultimi decenni, sappiamo tutti che sta camminando su un filo di lana e sono certo che lo sa pure lui quanto sia pericoloso il suo percorso, ma se si vuole uscire da questo pantano politico istituzionale serve coraggio e Renzi ha dimostrato di averne in abbondanza.
Fa, infine, sorridere, leggere tutte le riserve, i timori, le preoccupazioni degli esponenti di minoranza del Pd  quelli, per intenderci, che hanno finora beneficiato delle liste bloccate, della fedeltà al capo, dell’immobilismo della politica della sinistra e degli inciucci fatti dietro le quinte con chi dicevano di combattere. Faccio un esempio, il sottosegretario Martina oggi rilascia un’intervista in cui sottolinea come siano fondamentali le preferenze per la nuova legge elettorale dimenticandosi, lui come altri, che nel 1991 gli italiani scelsero di abrogare le preferenze, simbolo di una politica clientelare e tangentara. Furono quasi 25 milioni gli italiani che si dichiararono contro il sistema delle preferenze. E’ vero, sono passati oltre 20 anni, ma questo non può farci dimenticare la volontà del popolo italiano e pur capendo che in questi anni si è sempre fatto il contrario della volontà del popolo sovrano, mi rammarica sapere che certi dirigenti si dimenticano dell’art. 1 comma 2 della nostra costituzione:”La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
Non esiste un sistema elettorale perfetto, ma sarebbe un grande passo avanti se in questa fase tutti mettessero via i propri interessi di parte, per mettere al centro quelli del paese.
L’ho scritto ieri e ne sono ancor più convinto oggi, la politica in queste ore si sta giocando tutto, come in una partita a poker. Se ce la farà, forse potrà iniziare una nuova fase di ricostruzione e di trasformazione, se fallirà tutto il sistema rischia di cadere e la strada che avremo davanti rischia di essere buia e pericolosa.

imagesHo ascoltato con attenzione la relazione di Matteo Renzi alla sua prima direzione nazionale. Devo dire che al di là dei contenuti, mi hanno convinto soprattutto due cose. La prima è la chiarezza dell’esposizione senza tanti giri di parole. E’ una rivoluzione nel mondo del Pd perché, fino a qualche mese fa, il compito primario del segretario nazionale era quello di cercare di fare la sintesi fra le varie anime, cespugli e correnti del Pd, in particolare fra coloro che arrivavano dalla margherita e quelli che arrivavano dai Ds. Finalmente ieri si è capito che il Pd ha un segretario che detta l’agenda della politica italiana e non uno che si concentra sulle beghe di corrente. La seconda è che finalmente la direzione nazionale è diventata il luogo della discussione e della decisione del partito. Anche in questo caso è una novità per il Pd, perché solitamente le rare riunioni della direzione servivano a rettificare le decisioni prese dal caminetto intorno al quale si sedevano i vecchi maggiorenti e capi corrente del Pd. Basti pensare che la direzione non fu nemmeno convocata dopo la caduta del governo Berlusconi.
E’ una risposta chiara a tutti coloro che pensavano che con Renzi il ruolo del partito sarebbe diventato marginale. Da un mese a questa parte gli incontri del PD sono tutti alla luce del sole, senza sotterfugi o retroscene varie.

#cambiaverso

Pubblicato: dicembre 11, 2013 in Partito Democratico
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Dopo qualche mese di pausa, riprendo con il mio blog e lo faccio augurando buon lavoro a tutta la nuova segreteria del Pd nazionale e al neo segretario Matteo Renzi

PD: ROTTAMATORI; RENZI, NO PARLARE DI NOI, PENSIAMO A ITALIAComunque andrà il congresso del Partito Democratico se questo sondaggio è credibile, per me sarà un successo.
Sarà la conferma che nel novembre 2010 coloro che parteciparono alla prima Leopolda avevano visto giusto, sapevano che solo con una forte ventata di novità si poteva tentare di cambiare il corso delle cose e dare una svolta al Pd per poi darla al paese. Allora sembrava che Matteo e Pippo formassero un connubio perfetto, poi le cose sono andate in modo diverso e i due si sono divisi e ognuno di loro ha seguito la propria strada.
Oggi propongono due idee diverse di partito, due modi differenti di intendere la politica: più ruspante, mediatica il sindaco di Firenze, più articolata, metodica, partecipata il neo deputato di Monza. Nello schema classico Matteo copre molto bene la fascia destra, Pippo quella sinistra. Anche se oggi sono avversari ,il Pd di domani sarà il loro partito e questo sarà tanto più vincente, quanto i due sapranno collaborare, evitando di commettere gli errori dei loro predecessori.
Ho avuto la fortuna di conoscere molto bene Pippo, di aver partecipato alle sue prime iniziative, quelle prima della Leopolda tanto per intenderci, ho conosciuto e apprezzato molti dei suoi attuali compagni di viaggio fra i quali Paolo Cosseddu. Nello stesso tempo non conosco personalmente Matteo, ma ho avuto modo di condividere con alcuni suoi collaboratori la campagna delle primarie dello scorso anno.
Per questi motivi non sopporto le punzecchiature che a volte si lanciano i sostenitori più accaniti dei due leader, anche perché se crediamo veramente nell’idea originaria del Partito Democratico,  deve essere chiaro che qualunque sarà il risultato, il partito sarà nelle loro mani, anzi nelle nostre. Per questo il mio approccio al congresso sarà il risultato di una valutazione politica delle proposte in campo e del confronto che farò e già sto facendo con altri democratici con in quali da anni condivido un percorso politico sul nostro territorio.
Sono convinto che questo congresso  porterà grossi benefici a tutti coloro che hanno a cuore il Pd e il rinnovamento di questo paese, soprattutto se Matteo sarà in grado di controllare i cambi di casacca. Questo vale sia per gli esponenti nazionali, ma anche per le realtà locali. Dovrà essere capace di evitare  quello che accadde con Veltroni quando la promessa di cambiamento fu solo di facciata perché nelle realtà locali i gruppi dirigenti dei due vecchi partiti applicarono rigidamente un metodo spartitorio e di garanzia degli uni nei confronti degli altri. Quasi tutti quei protagonisti di allora hanno sostenuto Bersani alle primarie dello scorso anno e quasi tutti dipingendo Renzi come una bolla mediatica e nulla di più. Sentire oggi che quelle stesse persone sono pronte a sostenere Renzi lascia perplessi, soprattutto se il loro appoggio mira a difendere non solo il loro potere consolidato in questi anni, ma anche gli stessi metodi, le stesse amicizie, gli stessi connubi, le stesse alleanza. Insomma, a menare le danze non potranno essere gli stessi che le hanno condotte in questi lustri anche perché, in fondo, con le loro scelte e i loro posizionamenti hanno contribuito fortemente alle sconfitte del centro sinistra.

ripresaMentre il Pil del secondo trimestre del 2013 è l’ottavo consecutivo in calo per l’economia italiana, il ministro Saccomanni pensa che tra questo trimestre e il prossimo potrebbe esserci la svolta. Come se un eventuale +0.2% o poco più cambierebbe la sostanza delle cose.
Per agganciare la ripresa serve però stabilità perché si sa, la stabilità va bene per qualsiasi momento sia per quando siamo in recessione, ma anche per quando siamo in ripresa. Quindi, il risultato del ragionamento e di quello che nei prossimi mesi ci diranno i giornali e i gruppi dirigenti è semplice, visto che non possiamo permetterci di perdere questa ripresa, dobbiamo salvaguardare ad ogni costo il governo e per farlo il Partito Democratico dovrà, per ragion di Stato, votare contro la decadenza di Berlusconi perché altrimenti addio stabilità e quindi addio ripresa. Guai a chi pensi di fare ancora il fighetto, sarebbe colpevole di affamare il popolo che aspetta questa ripresa da anni.
Ora, visto che la stabilità è un valore in sé, sarebbe necessario che alla prossima assemblea nazionale del Pd si modifichi l’art.1 dello Statuto come segue:
Il Partito Democratico è un partito federale costituito dagli aderenti, fondato sul principio della Stabilità.
Questa modifica servirebbe anche a evitare il congresso perché un dibattito democratico, con esito imprevedibile, potrebbe mettere a repentaglio la stabilità.

Pd_micrDa ieri pomeriggio provo a scrivere qualche riga sulla direzione del Partito Democratico, ma non ci riesco proprio. Faccio fatica a seguire un senso logico, ma ci provo lo stesso perché quello che è andato in scena ieri è stato il tentativo di fare il funerale del Partito Democratico almeno di quello nato nel 2007, quello che aveva portato milioni di elettori alle primarie, quello che aveva ottenuto oltre il 33% dei consensi elettorali nel 2007.
Se in direzione e soprattutto in assemblea nazionale passerà la linea di Epifani che poi è quella di Bersani (il vero rottamatore del Pd) e Franceschini allora nascerà un nuovo Pd, ma non per questo migliore. Sarà un partito più chiuso, più serrato e, fondamentalmente, con gli stessi dirigenti dei vecchi partiti fondatori, gli stessi che nel 2006 avevano visto l’esigenza  di fondare il Pd per non morire.
Sono sempre più convinto che il problema di questo paese negli ultimi vent’anni non sia stato Silvio Berlusconi, ma l’inadeguatezza del gruppo dirigente del centro sinistra italiano.
Ho letto un’intervista di Cesare Damiano su Repubblica che dice che le regole vanno modificate a seconda delle esigenze e “[…] quando non son adatte al contesto”. Ecco il succo della questione, loro sono come Berlusconi, sono l’altra faccia della stessa medaglia una medaglia che ha fatto e sta facendo affondare l’Italia.
Qui il problema non è la questione se è meglio aprire solo agli iscritti o a tutti gli elettori, posizioni entrambe legittime, qui la partita è un’altra e ben più importante: è il concetto di vita democratica all’interno di un partito e quindi di un paese.
La frase di Cesare Damiano mette in discussione la stessa democrazia perché con questa logica chi ha la maggioranza ha il potere di decidere quale sia il contesto migliore e quindi cambiarlo. Quello che dice Cesare Damiano è l’antitesi dello stato di diritto è la base per ogni svolta autoritaria. Poco importa se queste forzature sono fatte per salvaguardare il governo o lo stesso gruppo dirigente, perché così facendo a perdere sono tutti, a perdere è la democrazia.