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La strada che non presiSu Facebook ho riletto un verso di una poesia che il grande Robin Williams citava ne “L’Attimo Fuggente“.
Era il 1990, frequentavo la prima Liceo a Domodossola dove fra le attività extra che si svolgevano c’era il cineforum. Uno dei primi film che proiettarono in quella stagione fu “L’attimo Fuggente”. Da allora ho sempre amato quella pellicola e la ricordo con affetto, tanto da rendere Robin Williams uno dei miei attori preferiti.
Ricordo la fila di noi studenti che dalle aule di via Scapaccino si dirigevano verso il vecchio Cinema Uno che è stato abbattuto qualche anno fa, l’odore di noi adolescenti dagli ormoni impazziti, la ricerca del posto per essere vicino alla ragazza che più ci piaceva e soprattutto la gioia di non stare in classe ad ascoltare la lezione del professore di turno.
Rileggendo quella poesia a distanza di anni e dopo le tante strade che ho dovuto scegliere,  capisco che quelle ore sono state tra le più importanti e incisive della mia vita.

Il titolo in inglese è “The road not taken”  (la strada che non presi) di Robert Frost.

Two roads diverged in a yellow wood
And sorry I could not travel both
And be one traveler, long I stood
And looked down one as far as I could
To where it bent in the undergrowth;

Then took the other, as just as fair,
And having perhaps the better claim,
Because it was grassy and wanted wear;
Though as for that the passing there
Had worn them really about the same,

And both that morning equally lay
In leaves no step had trodden black
Oh, I kept the first for another day!
Yet knowing how way leads on to way,
I doubted if I should ever come back.

I shall be telling this with a sigh
Somewhere ages and ages hence:
Two roads diverged in a wood, and I—
I took the one less traveled by,
And that has made all the difference.

Traduzione

Due strade divergevano in un bosco giallo
e mi dispiaceva non poterle percorrere entrambe
ed essendo un solo viaggiatore, rimasi a lungo
a guardarne una fino a che potei.

Poi presi l’altra, perché era altrettanto bella,
e aveva forse l’ aspetto migliore,
perché era erbosa e meno consumata,
sebbene il passaggio le avesse rese quasi simili.

Ed entrambe quella mattina erano lì uguali,
con foglie che nessun passo aveva annerito.

Oh, misi da parte la prima per un altro giorno!
Pur sapendo come una strada porti ad un’altra,
dubitavo se mai sarei tornato indietro.

Lo racconterò con un sospiro
da qualche parte tra anni e anni:
due strade divergevano in un bosco, e io –
io presi la meno percorsa,
e quello ha fatto tutta la differenza.

 

antonellatrapaniSono passati quattro anni da quando, nell’estate del 2010, un piccolo gruppo di iscritti del Partito Democratico decisero che era venuto il momento di mettersi in gioco e di passare dalle critiche alle proposte, lanciandosi alla “conquista” del partito provinciale.
Sembrava una sfida quasi impossibile, più finalizzata a rivendicare uno spazio e la centralità di alcuni temi , piuttosto che a vincere il congresso che si sarebbe tenuto a distanza di qualche mese.
I temi erano quelli del rinnovamento, di una diversa gestione del partito, dell’innovazione, della trasparenza, della necessità di mettere al centro le riforme degli enti locali, la semplificazione, l’energia ecc.
Per intenderci di quale periodo stiamo parlando, basti pensare che la prima Leopolda non era ancora in programma.
Alla fine di un lungo percorso, di un acceso dibattito, la nostra proposta uscì di poco vincente e Antonella Trapani divenne segretaria del Partito Democratico del Vco fra l’incredulità di molti sia all’interno che all’esterno. A novembre alcuni di noi parteciparono alla Leopolda dove Antonella intervenne e con un po’ di emozione chiese a tutti di avere coraggio, di crederci perché le partite, prima di essere vinte o perse, andavano giocate. Uscimmo da quella due giorni con un entusiasmo, una voglia di fare che ci ha aiutati a superare i tanti momenti di difficoltà. I primi tempi sono stati difficili, molti difficili perché eravamo ritenuti non all’altezza e non rappresentativi di quella che era la linea del partito a livello regionale e nazionale. Sempre contro corrente, sopratutto quando nell’autunno del 2012, Antonella fu una degli unici due segretari provinciali a sostenere Matteo Renzi nella sfida a Bersani, mentre il sottoscritto fu uno dei pochi che firmò, come membro dell’assemblea nazionale, la sua candidatura. Tutti, poi sappiamo come sono andate le cose, gli eventi che sono seguiti, ma quello che mi preme sottolineare è che, nonostante tutto, il Pd della nostra provincia con la guida di Antonella è riuscito in questi anni ad andare oltre le divisioni e guidare il partito verso traguardi che sembravano insperati. Certo, non sono la persona più adatta per fare questa analisi, ma i fatti sono una prova inconfutabile.
Nel 2010, la nostra provincia era il fortino del centro destra e della Lega: tutti i comuni maggiori erano saldamente nelle mani di Lega e Pdl, tutti tranne Villadossola; il centro destra esprimeva tre Parlamentari e tre consiglieri regionali di maggioranza.
A noi rimaneva il solo Aldo Reschigna a rappresentare le istanze del Pd del nostro territorio in Regione.
Con calma e con l’aiuto di tutti, con il passare dei mesi, elezione dopo elezione il Pd del Vco ha riconquistato Domodossola, Omegna, dopo lustri ha ottenuto una propria rappresentanza parlamentare con Enrico Borghi,  fino all’exploit di questi giorni grazie al quale anche Verbania, Gravellona e molti altri piccoli comuni sono tornati a guida PD, fino alla nomina di Aldo Reschinga nella giunta regionale.
E’ ovvio, il merito non è solo di Antonella e di chi le è stato sempre vicino in questi anni, ma è di tutti gli iscritti, i militanti, i segretari di circolo e di tutti i candidati che hanno degnamente rappresentato di volta in volta i desirata e le aspettative dei cittadini. Tuttavia, lei ha avuto un ruolo fondamentale per evitare i contrasti, le divisioni, mettendo sempre davanti il partito, il progetto, le proposte e puntando sulle persone che più di altre avrebbero potuto ottenere certi risultati. Un gran lavoro di squadra anche se, come accade anche nelle migliori squadre, qualche mal di pancia è sempre all’ordine del giorno.
Non tutti sono pronti a sposare questa tesi e a riconoscerle questi meriti, per molti Antonella e tanti di noi che l’hanno fin da subito sostenuta, rimane un corpo estraneo perché non è stata il frutto di una scelta fatta a tavolino, di un’investitura dall’alto,l’emanazione del vecchio gruppo dirigente, ma il risultato di una sfida a viso aperto, di una voglia di cambiamento reale. Questo nuovo gruppo dirigente ha avuto la sua consacrazione con la candidatura europea di Antonella, una candidatura di servizio, ma che ha testimoniato come i rapporti intessuti in questi anni anche al di fuori di questa provincia, le abbiano dato credibilità e autorevolezza tanto da farle raccogliere 18.700 preferenze, investendo meno di mille euro nella sua campagna elettorale fuori provincia.
Ora ci aspetta la sfida più difficile perché mai come in quest’occasione, il Pd del Vco ha avuto tanta responsabilità e tanto credito dai cittadini. Non possiamo fallire, non possiamo disattendere a quella richiesta di speranza che ci è inaspettatamente arrivata dagli elettori. C’è ancora qualcuno che pensa di fare come si è sempre fatto, di attendere, aspettare, buttare la palla in tribuna, sperando che la situazione diventi più favorevole per ritornare indietro. Non è il momento di aspettare, non possiamo vivere di rendita. La sfida è di quelle che fanno tremare i polsi e tutti insieme dobbiamo vincerla, perché se la perderemo, avremo perso tutti e soprattutto avrà perso il nostro territorio.

Mio nonno era un emigrante

Pubblicato: marzo 22, 2014 in Uncategorized
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L'emigrante di A. CarusoMia mamma mi racconta che nel 1943, nel bel mezzo della seconda guerra mondiale, mio nonno, Agostino Chemello, classe 1927, partì nemmeno sedicenne da Molvena, provincia di Vicenza.
Racconta, mia mamma, che quando anni dopo gli capitò di accompagnarlo a Verona in una delle sue periodiche visite all’ospedale di Borgo Roma, le ricordò di quando decenni prima arrivò per la prima volta a Porta nuova: era senza scarpe, senza soldi, solo con una valigia di cartone legata con lo spago, piena di pochi stracci diretto verso il Piemonte, nella bassa vercellese, perché alcuni suoi compaesani lavoravano come braccianti nelle risaie.
Fu una delle prime tappe di un lungo viaggio da emigrante: dopo Vercelli, andò a Macugnaga in miniera, poi in Svizzera, in Belgio, in Africa e infine ancor in Svizzera dove una notte per coprire il turno di un suo collega, si attardò qualche minuto di troppo in galleria. Quella notte una mina scoppiò. Era diventato capo squadra e per questo fu l’ultimo a lasciare il luogo dell’esplosione, ma non fece in tempo e ci rimase sotto. Non morì, ma non fu più lo stesso.
Mio nonno era un emigrante. Io sono nipote di un emigrante e quando mia mamma parla della sua storia, le sue guance si rigano ancora di lacrime e i miei occhi diventano lucidi.
‘Gustin, così lo chiamavano, era un uomo rude, figlio della fame, della carestia e della guerra. Passò una vita di stenti, di privazioni e di fatiche.
Morì che non avevo compiuto ancora sedici anni, ma nonostante questo, non ricordo moltissimo di lui perché, a fine anni settanta, tornò nella sua terra, in Veneto, in mezzo a quella campagna che non era stata in grado anni prima di sfamare i suoi figli. Lo sentivo al telefono quasi tutti i giorni. Nonostante avesse passato la maggior parte della sua vita lontano dalla sua terra, parlava solo in dialetto veneto, un dialetto strettissimo che solo un orecchio allenato poteva intendere.
Mi ricordò quando una volta mi raccontò che una delle cose più difficili fu sopportare i continui soprusi che riceveva dagli svizzeri.”Sporco italiano” gli dicevano, e mentre lo dicevano giravano la testa e sputavano in senso di disprezzo.
Mio nonno aveva un fratello, lo zio Giuseppe, anche lui minatore nelle miniere di carbone del nord della Francia, vicino al confine con il Belgio. Lui non tornò più in patria, morì nel 1988 in un paesino delle Ardenne.
Questa è una storia, una delle tante di noi italiani. Credo che siano poche le persone che non abbiano parenti che lasciarono il proprio paese per cercare fortuna o, meglio, per scappare dalla fame.
Lo so, oggi l’Italia è stremata, in ginocchio a causa di una crisi lunghissima. Oggi, come decenni fa, molti italiani lasciano il proprio paese e vanno all’estero nella speranza di trovare un futuro migliore. Ma oggi, molti uomini e donne lasciano i propri villaggi e si dirigono verso l’Italia perché perseguitati dalla fame, dalla guerra, dalla carestia. Popoli che vanno, popoli che vengono. E’ la storia dell’umanità. E’ la nostra storia.
Non credo che i miei figli vivranno per sempre in Italia, forse, in fondo , non glielo auguro nemmeno. Spero, tuttavia,  che possano lasciare il loro paese in modo dignitoso, ma il futuro non lo conosce nessuno, nemmeno quelli che vorrebbero dare fuoco a quelle quaranta persone che sono ospiti in Ossola.
Ricordo che il futuro è ignoto anche per loro e per i loro figli e che la situazione che stanno vivendo quelle persone le potrebbero vivere loro oppure i loro figli. Non è un augurio, ma un ammonimento.

Le mie scuse

Pubblicato: febbraio 18, 2014 in Uncategorized
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don viscoDomenica scorsa tutta la comunità di Montescheno ha salutato, commossa, Don Antonio Visco.
E’ stato un momento toccante anche per chi, come me, da anni si è allontanato dalla Chiesa.
Alla fine, la lettura delle sue ultime parole mi ha colpito profondamente perché mi sono sentito chiamato in causa quando ha avuto l’umiltà di chiedere scusa a tutti coloro ai quali non era “arrivato”.  Avrei voluto rispondergli che ero io a dovergli  le mie scuse per un sacco di cose e, soprattutto, per non avergli permesso di “arrivarmi”.
Non è assolutamente colpa sua se sono un “non credente”, se non ho fede o se l’ho smarrita nel corso della mia vita. Sono convinto delle mie idee, così come sono certo che i valori che ci ha insegnato fin da piccoli sono valori universali che possono, anzi, devono essere un baluardo per ogni uomo, credente o meno.
In questi giorni, mi sono ricordato di una breve intervista (che riporto qui sotto) che gli feci per Eco Risveglio in occasione del suo quarantesimo anno di sacerdozio. In quel frangente, Don Antonio ricordava i valori centrali del suo insegnamento: la giustizia, la fratellanza, la solidarietà, l’apertura verso il mondo. Ebbene, caro Don, semmai avessi ragione tu e mi stessi ascoltando ti voglio rassicurare che anche a me è arrivato il tuo messaggio, forse non proprio come avresti voluto tu, forse in modo diverso, ma non per questo meno forte.

MONTESCHENO – Domenica 7 novembre, l’intera comunità di Montescheno si è stretta intorno a Don Antonio Visco per festeggiare il suo quarantesimo anno di sacerdozio tutti spesi nel piccolo comune della Valle Antrona. Lo abbiamo incontrato a Domodossola, presso la Casa Don Gianni dove lavora.

Cosa si ricorda del suo arrivo a Montescheno?
Ero appena diventato prete, avevo 25 anni, ed era la mia prima esperienza pastorale, in più era un’esperienza provvisoria perché ero stato mandato lì per sostituire Don Dario. Poi mi fu chiesto di restare e così nel settembre del 1965 feci la mia entrata ufficiale.
Che paese trovò?
Eravamo nel dopoguerra, in pieno boom economico, c’era tutta una serie d’elementi nuovi: le televisioni erano rarissime, i telefoni pure. C’era una cultura media però sufficiente a garantire un lavoro a tutti, c’era un benessere medio basso, ma generalizzato. La mia attenzione fu subito rivolta al mondo dei giovani, anche perché per me era più facile essendo io stesso giovane. Con gli adulti quando si è in età giovanile, da un certo punto di vista, si ha un po’ più di paura, perché l’adulto è più saggio, né sa più di te. E’ vero che io avevo un ruolo, però ero comunque un prete giovane.
Sua mamma come visse il cambiamento?
Lo visse molto bene anche grazie all’aiuto delle donne del paese che l’accolsero molto bene le quali furono molto importanti soprattutto in occasione della sua malattia.
Come sono cambiati i giovani da allora?
Allora i giovani vivevano in un momento storico molto favorevole perché era il ’68, perché c’era una voglia di cambiamento, di migliorare il mondo, di costruire un mondo più giusto che toccò tutti. Nello stesso tempo, a livello pastorale, erano gli anni del dopo concilio, papa Giovanni aveva trasformato la chiesa da un’istituzione chiusa, conservatrice ad un’aperta e più giovane.Oggi invece viviamo in un mondo freddo. Il giovane deve arrangiarsi da solo, sono meno sentiti quei valori di solidarietà, giustizia, fratellanza, apertura al mondo, valori che si rafforzarono quando Don Mario Tori partì per il Brasile. La sua partenza e la sua morte dopo tre anni, furono la vera svolta per la comunità perché aiutò ad aprire la dimensione del nostro contesto culturale mettendoci in contatto con una realtà lontana come quella dell’America latina.
C’è una persona o un evento che più gli è rimasto impresso?
La partenza di Don Mario Tori e la figura d’Alfonso Spattacini perché era un uomo che ha saputo perdonare chi gli aveva fatto un grave torto perché non credeva nella Chiesa, ma aveva con se sempre il Vangelo e perché curò sua figlia, disabile, con amore e profondo affetto. Poi molti altri che però non posso tutti citare.
Progetti per il futuro
La realizzazione del centro per la famiglia perché è l’arrivo naturale di quel cammino iniziato nel 1982 con alternativa A, con il discorso dei giovani. Credo che la famiglia sia la base della società ed oggi la famiglia è in crisi. Il problema è la fragilità della coppia, se la coppia non sta in piedi non stanno in piedi neanche i figli. Allora che mondo faremo? Ecco perché credo in questo progetto che finora è andato avanti attraverso donazioni, ma che ora sarà integrato con tariffe professionali, minime, sostenute da un fondo di solidarietà.

27 gennaio 1945. Mai più

Pubblicato: gennaio 27, 2013 in Uncategorized
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maipiù

Ho cercato di spiegare a mio figlio di quasi quattro anni cos’è il giorno della memoria. Ho detto che tanti anni fa gli uomini si sono fatti tanto male, che alcuni hanno costretto altri a entrare in campi recintati, togliendo loro il nome, i vestiti, i loro papà, le loro mamme, le loro mogli e i loro mariti. In cambio un numero e un vestito a righe. D’inverno e d’estate, di notte e di giorno, con la pioggia o con la neve, con il sole o con il vento. Ho spiegato che bisognava lavorare e chi non lavorava non poteva mangiare e moriva.
Alla fine mi ha chiesto un bicchiere d’acqua. Non credo che abbia capito e non solo perché è piccolo, ma perché ancora oggi non si riesce a comprendere come sia stato possibile.
Proprio per questo, proprio perché sembra impossibile tanta ferocia, tanta crudeltà dobbiamo ricordare e spiegare ai nostri figli che questo è stato. Per non dimenticare. Perché non succeda più.

26 gennaio 1945 Noi giacevamo in un mondo di morti e di larve. L’ultima traccia di civiltà era sparita intorno a noi e dentro di noi. L’opera di bestializzazione, intrapresa dai tedeschi trionfanti, era stata portata a compimento dai tedeschi disfatti.
E’ uomo chi uccide, è uomo chi fa o subisce ingiustizia; non è uomo chi, perso ogni ritegno, divide il letto con un cadavere. Chi ha atteso che il suo vicino finisse di morire per togliergli un quarto di pane, è, pur senza sua colpa, più lontano dal modello dell’uomo pensante, che il più rozzo pigmeo e il sadico più atroce.
Parte del nostro esister ha sede nelle anime di chi ci accosta: ecco perché è non-umana l’esperienza di chi ha vissuto giorni in cui l’uomo è stato una cosa agli occhi dell’uomo.

Primo Levi

 

Buon 2013

Pubblicato: dicembre 31, 2012 in Uncategorized
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buon-2013Mancano poche ore alla chiusura del 2012.
Il bilancio di un intero anno non può essere riassunto in poche righe, soprattutto uno così intenso e ricco di eventi.
Sicuramente, per molti è stato un anno difficile nel quale la crisi economica si è fatta più cruda.
Se faccio un resoconto strettamente personale,  questo 2012 si chiude con più ombre che luci.
Se guardo alla politica e al mio impegno quotidiano, direi che molte sono state le soddisfazioni ed altrettante le delusioni.
I successi più importanti sono di quest’ultimo mese: la costituzione dell’Unione dei comuni ossolana e il successo diEnrico Borghi alle primarie di un paio di giorni fa. Le stesse primarie, come ho avuto modo di scrivere, sono fondamentalmente un successo che ha fatto bene non solo al Pd, ma alla politica in generale.
A livello internazionale, l’immagine che mi ricorderò è l’abbraccio fra Obama e Michelle nella notte della sua rielezione e il suo straordinario discorso.
Il prossimo anno, quello che si aprirà tra poco, porterà con sé sfide importanti come le elezioni del 24 febbraio e spero novità positive dal punto di vista lavorativo.
Per il momento ho una certezza che mi fa ben sperare e guardare con gioia il 2013, l’arrivo tra pochi giorni, forse ore, di una nuova vita nella mia famiglia. Basterà solo questo per rendere il nuovo anno migliore di quello che si sta chiudendo.
Chiudo questo mio ultimo post del 2012, augurando a tutti  un felice e sereno anno nuovo.

Sono tornato

Pubblicato: giugno 15, 2012 in Uncategorized

Ciao a tutti quei pochi followers che di tanto in tanto si concedevano qualche minuto per leggere i miei post sul blog.
Sono mesi che non scrivo più nulla.
Nel frattempo la piattaforma del blog è cambiata; siamo passati da Splinder, che ha chiuso i battenti lo scorso 31 gennaio, a WordPress che mi ha permesso di conservare tutto lo storico.
Per questo, ma forse anche per un po’ di pigrizia, ho smesso di aggiornare il blog.
Oggi ho deciso di riprendere perché nelle settimane scorse alcuni amici mi avevano chiesto che fine aveva fatto il mio blog.
Di certo non mancano gli argomenti. Tutti i giorni siamo tempestati di notizie che meritano attenzione.
Di sicuro stiamo vivendo un periodo molto difficile che ci condurrà in un mondo diverso da quello che abbiamo conosciuto fino ad oggi.
Da poche settimane la mia preoccupazione per il futuro riguarda anche una nuova vita che a dicembre verrà a farci compagnia!

Sia chiaro, sono consapevole che l'aumento della benzina dipende, non proprio direttamente per la verità, dall'aumento del costo del petrolio, ma è sconcertante che nonostante la continua salita del prezzo, il governo non faccia nulla per calmierare il suo costo intervenendo sulle accise.
Quando avvenne la stessa situazione a fine 2007, il governo Prodi diminuì le accise, invece BB (Berlusconi Bossi) pensano alle nomine dei sottosegretari! Sono solo degli affamapopolo!
Capisco che per uno ricco come il Presidente del Consiglio la cosa lo sfiori appena, ma per i cittadini normali, costretti a vivere sempre più nelle difficoltà di tutti i giorni, la questione diventa veramente importante.
E' l'ulteriore dimostrazione che si tratta di un governo che pensa solo agli affari propri e ad occupare le poltrone sulle spalle dei cittadini italiani.

A quando queste dichiarazioni?

Pubblicato: aprile 26, 2011 in Uncategorized

Il governo nel 2013 propone una moratoria per le elezioni politiche……Berlusconi: "Dal momento che i sondaggi ci vedono in svantaggio, sperando in momenti migliori, riteniamo utile spostare le consultazioni politiche tra qualche anno. Il popolo ci ha scelto e quindi facciamo questo in nome del popolo italiano che ci ha dato fiducia".

La fine della democrazia

Pubblicato: aprile 26, 2011 in Uncategorized

Ebbene, ecco svelato il bluff! 
L'altro giorno, avevo scritto che il provvedimento sul nucleare puzzava un po' visto le tempistiche. Oggi apprendiamo che le ragioni della moratoria sono solo per evitare che i cittadini si esprimano su una materia così importante! Questa è la prova provata della concezione della democrazia e della libertà di questo delinquente e del suo governo!